Un tempo tra il Castello di Foce e il Comune di Amelia non correva buon sangue – incendi, scaramucce e ribellioni si protrassero nei secoli, vuoi per la fede guelfa degli uni oppure per l’indole autoritaria degli altri: tanto è, i castellani e gli amerini proprio non si amavano.
Una vallata segnava il confine tra i due contendenti e proprio in questa terra di lecci e campi sorse, non ci è dato di sapere quando, La Gabelletta. Si ha notizia che nel 1400 gli anziani della città di Amelia diedero in appalto le gabelle dei pesi e delle misure per l’anno successivo e chissà che un qualche volenteroso cittadino non decise di stabilirsi in quei lidi di mezzo per profittare dei forestieri, che per vendere le loro merci dovevano pagare anche per il transito. Chissà.
Racconti tramandati in famiglia di generazione in generazione narrano di un neonato abbandonato lungo la strada con vesti ricamate e bellissimi occhi azzurri, che fu allevato da una famiglia di umili carbonai. Diventato grande, ritornò nel luogo dell’abbandono e decise che avrebbe proprio lì costruito la sua casa, e avrebbe obbligato ogni passante a lasciare un obolo per rifondere le ingiustizie subite. Si narra anche che lungo quella strada vi fossero due luoghi dove avrebbe potuto realizzare il suo sogno. E così, non sapendo quale scegliere, cominciò ad esplorare quella vallata palmo a palmo finché non scoprì, a ridosso del bosco, sopra la caverna delle Fate lambita dalle acque impetuose del torrente delle Streghe, dei resti antichi, dei resti romani. E decise che in quella magica terra di mezzo – lui, uomo senza passato – avrebbe iniziato a costruire la sua storia, la storia de La Gabelletta.
Certo è che nel Settecento qualche discendente del neonato dai bellissimi occhi azzurri scelse di ospitare i viandanti anziché gravarli di imposte – forse perché le gabelle erano state abolite. Il nome rimase ma iniziò un’altra storia, una storia di accoglienza e ospitalità, di mangiare schietto ma sapiente, una storia mai interrotta fino ad oggi.
La storia de La Gabelletta.
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