Dalla penombra, da questa parte del vetro ti ho visto tra gli astanti. Ho guardato te, tu hai alzato il capo e i tuoi occhi hanno visto me, penetrandomi. Non ho desiderato più altri occhi da allora, ogni altra forza che entrava in me eri tu, amore mio. Attraverso quella finestra ti ho visto e tu mi hai guardato dentro. Per sempre tua, per sempre mio. Da quella notte del banchetto il tempo è fuggito, oppure siamo fuggiti noi, da noi stessi e dal nostro suggello? Perché questo strano destino ci ha separati? Come stai? Cosa ne è stato della
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Cos’era quel luogo, perduto e trovato, io che mi ero perduto e ritrovato proprio là? Nel corpo e nella mente. Un luogo solingo eppure conviviale, caldo e accattivante in mezzo alla fresca foresta di querce. Ricordo quando, poco più che fanciullo, mi ci imbattei quasi per caso, nel viaggio di famiglia, alla ricerca di avventura, di un’emozione, del passaggio dall’infanzia all’età più adulta. La crescita di un ragazzo ebbe inizio in quel tratto di terra umbra, tra Foce e Amelia. Erano gli anni Sessanta e mi accingevo a scrivere il mio romanzo di formazione, pagina dopo pagina, un giorno dopo
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